Si tratta di un vero e proprio tsunami di fake news, ossia di notizie false, parziali, fuorvianti e, quindi, dannose che ha per oggetto le vecchie lire, ma anche le banconote e gli euro spiccioli. Titoli del tipo vecchie lire conservate nel cassetto: possono valere un tesoro oppure Queste vecchie lire possono valere una fortuna (anche 15 mila euro) hanno fatto capolino sugli smartphone – perché, ormai, il mezzo di informazione preferito è questo – di milioni e milioni di persone.
Per una volta si parla di numismatica e, a farlo, sono sia portali di news minori che quelli di grandi testate a stampa, radiofoniche e multimediali. Il problema è che, nel farlo, non vengono mai adottati quei principi di completezza e correttezza dell’informazione che sono alla base della deontologia del giornalista.
Articoli e post riportano infatti elenchi di monete in lire supposte “rare” con frasi lapidarie del tipo “2 lire Spiga 1947: vale 1800 euro” o “20 lire 1956: vale 700 euro” senza mai sottolineare che questi prezzi si riferiscono al massimo ad esemplari in conservazione fior di conio, magari sigillati e periziati, e che spesso sono stati realizzati una tantum essendo, il mercato reale, ben diversa cosa.
Le meno approssimative tra le fake news sulle vecchie lire, o sugli euro spiccioli si limitano ad affermare a margine che una moneta “può valere anche” una certa, astronomica cifra ma, quello che con amarezza notiamo da questi pseudo scoop è si tratta di contenuti sono confezionati, né più e né meno che quelli sulle miss in spiaggia, o sul nuovo yacht del milionario di turno, solo per generare più traffico web possibile.
E invece. Invece accade che ogni giorno i professionisti numismatici ricevano decine di mail e telefonate di persone convinte di avere un tesoro nel cassetto; non tanto, per esser chiari, gente comune digiuna di numismatica che, una volta ricevuta l’informazione corretta – “non valgono assolutamente nulla, mi spiace” – si limita a scrollare il capo e ripone di nuovo le monetine nel borsello della nonna, ma persone che, in questa fase di difficoltà economiche legate al coronavirus, si mettono a piangere scoprendo che la loro 100 lire del 1955 in mediocre conservazione non vale neppure un euro.
Quelle persone, sedotte e bidonate da un giornalismo superficiale, basato sull’ignoranza di un settore nobile della cultura e del collezionismo (e spesso sul “copia-incolla” da un sito all’altro) non solo ricevono una brutta delusione – del resto, un numismatico che si rispetti non può fare altrimenti – ma da quel momento percepiscono il mondo delle monete (quindi, anche il collezionismo e il commercio di questi oggetti) come un universo nebuloso, vagamente fraudolento e da cui stare alla larga.
Che fare, dunque? Prendersela con i colleghi giornalisti o con l’Ordine invocando sanzioni, ammonimenti, circolari informative? Voce di uno che grida nel deserto. Tuttavia, dato che nel mondo presente i mezzi social danno a tutti la possibilità di un’opinione e di un commento, perché i numismatici – collezionisti, commercianti o semplici appassionati – non provano in massa, dopo di noi, a smentire queste fake news, condividendo questo editoriale e inviando a loro volta segnalazioni ai siti che le pubblicano?
Con un’ondata di condivisioni e commenti – del tipo “Non è vero, il prezzo di una moneta dipende dalla conservazione…” – le redazioni di alcune testate (forse) si renderanno conto del fatto che la numismatica non esiste solo per infiocchettare, senza nessuno scrupolo di fack checking, delle inutili notizie balneari.