Le banconote del miracolo italiano
mercoledì 22 febbraio 2023

Cari lettori di Numismatica Ranieri, in questo articolo del nostro blog numismatico vi proponiamo un articolo storico relativo alle banconote del miracolo italiano, ovvero al periodo di grande ripresa economico della Repubblica Italiana successivo al termine della guerra.

 

Le banconote del miracolo italiano

Chi ha i capelli grigi e vede i propri figli, dopo lunghi studi, magari brillanti, faticare a trovare una pur modesta occupazione, succubi dell'insicurezza, della precarietà e di umiliazioni di tutti i tipi, non può che ricordare con nostalgia i tempi della giovinezza, quelli del periodo 1953-1962, gli anni del «miracolo economico».

In quel decennio giunse a compimento la nostra rivoluzione industriale, entrammo stabilmente nel ristretto gruppo degli stati più sviluppati del mondo, si diffusero i consumi di massa. Auto, televisori, frigoriferi, beni fino ad allora riservati ai più agiati, diventarono alla portata di tutti. La disoccupazione scomparve: nel 1951 raggiungeva ancora il 10 per cento della forza lavoro, nel 1963 si era ridotta al 2, minimo storico dell'ultima metà del secolo. Era l'epoca in cui le imprese si contendevano gli studenti universitari e quelli delle scuole superiori prima ancora del termine degli studi.

 

Tappe storiche del miracolo italiano

Nel 1958 la lira ottenne l'oscar di moneta più stabile; il cambio con il dollaro, fissato nel 1949 a 625 lire, rimase inchiodato a questo livello fino al 1971. Sempre nel 1958, gli italiani tornarono a sentire il piacevole tintinnio delle monete d'argento, dopo che dal 1937 la zecca ne aveva cessato le coniazioni e la guerra le aveva fatte sparire. Ciò che avvenne in quel decennio non ha nulla di soprannaturale: nel 1947 fu sconfitta l'inflazione poi furono ricostruiti l'apparato produttivo e le infrastrutture distrutti dalla guerra.

Questa prima fase si concluse nel 1950 quando il reddito medio degli italiani ritornò al livello del 1938.

Il cosiddetto miracolo fu caratterizzato da un aumento del reddito pro capite al tasso medio annuo del 5 per cento, un ritmo ancor oggi sbalorditivo, tanto più che avvenne a prezzi sostanzialmente stabili.

In lire del 1975, il Pil, cioè il valore dei beni e servizi prodotti in un anno, passò dai 36.220 miliardi del 1951 ai 71.342 del 1963, con una punta nel periodo 1959-62, il prodotto pro capite passò da 764.000 lire a 1.393.000.

Dopo la scelta occidentale effettuata con le elezioni del 18 aprile 1948, i governi puntarono sull'inserimento della nostra economia nei mercati internazionali: le tappe più importanti furono la liberalizzazione delle importazioni, l'adesione all'Unione Europea dei Pagamenti (1950) e alla Comunità europea il carbone e acciaio (Ceca), la partecipazione alla fondazione della Comunità Economica Europea (Cee) avvenuta nel 1957, da cui è derivata l'Unione Europea. A partire dal 1953 il comparto industriale conobbe un forte aumento di produttività avvenuto soprattutto nei settori più avanzati e aperti alla concorrenza estera.

Ciò richiese un massiccio esodo della forza lavoro dal settore agricolo a quello secondario e una grande migrazione internazionale (5.810.000 unità dal 1950 al 1962, rivolta in primo luogo ai paesi del Mec) ed interna (particolarmente intensa fra il 1958 al 1962) dalle regioni centro-meridionali al Nord, in particolare verso il triangolo Milano. Torino-Genova. Nel 1951 su 100 occupati 41 lavoravano in agricoltura, 32 nell'industria e 27 nei servizi; nel 1963 le percentuali erano passate a 28, 40, 32.

Alla base dell'aumento della produttività vi furono soprattutto i bassi salari, che in Italia incidevano per circa il 20 per cento in meno rispetto ai partner europei. In queste condizioni i nostri prodotti industriali finiti e semilavorati, grazie alla loro concorrenzialità e alla buona qualità, invasero i mercati internazionali. Le imprese poterono contare su una fase prolungata di elevati profitti che reinvestirono in nuovi impianti ampliando la produzione e quindi l'occupazione. Un ruolo importante giocarono la spesa statale, gli investimenti pubblici (ricordo, per tutti, l'Autostrada del Sole) ed in particolare le materie prime e le fonti energetiche a buon prezzo, circostanza fondamentale per un sistema economico come il nostro, essenzialmente trasformatore. Non mancarono però le ombre: lo sviluppo interessò esclusivamente le regioni settentrionali per cui, malgrado gli ingenti interventi pubblici, si ampliò il già notevole divario di reddito e di occupazione con quelle del Mezzogiorno.

L'esodo rurale disordinato congestionò le grande città del nord, portò la ghettizzazione degli emigrati, la cementificazione selvaggia, il rapido aumento del prezzo degli immobili e delle locazioni. Non si approfittò del boom per razionalizzare il sistema produttivo che continuò ad essere costituito da un nutrito numero di imprese sottodimensionate e poco efficienti.

Per compensare l'esodo dalle campagne e per motivi elettorali, fu favorita la piccola proprietà contadina a conduzione familiare, che fece proliferare aziende agricole tradizionali e antieconomiche. Mancò una radicale ridistribuzione dei redditi, così gran parte della ricchezza del Paese rimase concentrata in poche grandi famiglie. Poco fu fatto per garantire diffusi ed adeguati servizi sociali:

  • scuole,
  • università,
  • ospedali,
  • asili nido,
  • case di riposo per anziani

rimasero in gran parte vuote promesse.

 

Conclusioni

Sperando che questo articolo dedicato dedicato a scoprire quali sono statele banconote del miracolo italiano stato di vostro interesse, restiamo in attesa delle vostre opinioni.

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