La moneta nell'arte
lunedì 6 giugno 2022

In questo articolo del sito specializzato Numismatica Ranieri, riportiamo una serie di quadri aventi come caratteristica comune la moneta come protagonista. Alcune sono opere ben note, ma altre siamo sicuri che saranno guardate, dopo questa lettura, sotto una nuova luce.


La moneta nell'arte

San Lorenzo distribuisce i tesori della Chiesa in elemosina ai poveri

Pregevole opera di Guido (o Guidolino) di Pietro, detto «il Beato Angelico», pittore nato a Vicchio di Mugello (Firenze) nel 1387 e morto a Roma il 14 luglio del 1455.

Entrato nel convento di San Domenico di Fiesole a soli 20 anni, indossò insieme al fratello l'abito Domenicano, prendendo i voti nel 1408. L' Angelico non fu precoce dato che le sue prime opere sicuramente databili risalgono al 1420 circa. Si dedicò alla decorazione della cappella di S. Brizio nel duomo di Orvieto, lavoro che non portò a termine, e dipinse la cappella dei SS. Stefano e Lorenzo in Vaticano che dal nome del committente - Papa Nicolò V - fu detta Niccolina.

La scena ci propone San Lorenzo mentre distribuisce i beni ai poveri. Egli morì martire nel 258 dopo Cristo, sotto l' lmperatore Valeriano, abbrustolito su una graticola!

I vestiti dei poveri che circondano il Santo fanno chiaramente capire che I epoca a cui si riferisce l' autore è quella a lui coeva e pertanto dobbiamo supporre che le monete date in carità siano i mezzi giulii di Clemente VII, Papa dal 1523 al 1524.Queste piccole monete in argento recano al diritto lo stemma pontificio sormontato da due chiavi decussate e triregno, con la scritta CLEMENS PAPA VII. Al rovescio trova posto una croce con la scritta ROMA nei quarti e la legenda circolare FIAT PAX IN VIRTVTE TVA.

Con il termine generico giulio si usò indicare il grosso papale o carlino d'argento coniato da Giulio II (1503-1513) e fu adottato anche per le monete dei successive Pontefici venti le stessi caratteristiche.

 

Ritratto d’ignoto

In questo dipinto, databile intorno al 1473-1474 ed ora nella Galleria degli Uffizi di Firenze, Sandro Botticelli ha ritratto un giovane che stringe fra le mani una grande Medaglia , coniata per commemorare Cosimo il Vecchio quando Post mortem gli venne tributato l’appellativo di Pater Patriae.

L’artista nacque a Forenze nel 1443 ed iniziò ben presto la sua lodevole attività tanto che nel 1480 era uno tra i più stimati pittori di Firenze. Fu caro ai Medici, per i quali illustrò una Divina commedia, soddisfacendo così il loro «appetito di bellezza». Per loro realizzò dipinti ed arazzi destinati ad abbellire le sale dei palazzi. Divenne quindi il pittore più rappresentativo della Firenze medicea tanto che quando Lorenzo il Magnifico morì e Lorenzo di Pier Francesco abbandonò la città, Botticelli fu preso da un terrore apocalittico.

Nel 1481 fu chiamato a Roma insieme ad altri valenti artisti fiorentini e vi realizzò molti ritratti di Pontefici. Morì nel 15 IO, il 17 maggio, dimenticato.

Possiamo ammirare anche il rovescio della bronzea medaglia illustrata sul dipinto, con la città di Firenze seduta con globo e ramo d'olivo. Di questo ottimo esempio di scuola Fiorentina non è purtroppo noto l’autore certamente abile. Si crede che a realizzarla sia stato Cristoforo di Geremia o Donatello o Michelozzo o Niccolò Fiorentino.

 

Gli usurai

In quest'opera il Metsys ha rappresentato in maniera quasi caricaturale una realtà sociale comune alla sua epoca quanto alla nostra; l'avidità, l'invidia, l'avarizia traspaiono in maniera molto evidente dai personaggi del quadro.Una delle monete più emblematiche di quei posti è certamente il Leone d'oro, moneta cosi chiamata pervia del leone raffigurato al diritto, animale simbolo dei Paesi Bassi. Al rovescio trova invece posto una più comune raffigurazione: la croce, in questo caso caricata dello stemma inquartato.

«Il cambiavalute e sua moglie». Opera di Quentin Metsijs, pittore nato a Loviano nel 1466 e morto ad Anversa nel 1530. Fu in quest'ultima città che il Metsijs si trasferì e produsse molti dei suoi dipinti. Tra i suoi lavori più famosi meritano menzione Ritratto di Erasmo da Rotterdam e, appunto, Il cambiavalute e sua moglie, quest'ultimo realizzato nel 1514. Affascinato dall’arte di Leonardo, dotato di grande sensibilità e di un tocco estremamente raffinato, il Metsijs seppe fondere la tecnica antica e quella tendente alla monumentalità abbandonando il disegno spigoloso a favore di uno più morbido. Le monete sparse sul tavolo sono presumibilmente dei fiorini d'oro coniati da Filippo il Bello, che regnò dal 1482 al 1506. Al diritto troviamo San Filippo che sovrasta lo stemma della città ed al rovescio una croce ornata ed accantonata da gigli disposti nei quarti. Come quasi tutte le monete auree di quell' epoca il fiorino pesava circa 3,5 grammi di metallo ad elevato titolo aureo, quasi puro.

 

La continenza di Scipione

Affresco di Domenico Beccafumi al Palazzo Bindi-Sergardi di Siena. Figlio di Jacomo di Pace, Domenico prese il nome da Lorenzo Beccafumi, proprietario della terra su cui lavorava il padre, che lo fece studiare. Si recò a Roma per ammirare le opere di Raffaello e Michelangelo. La maggior parte dei suoi lavori furono a soggetto religioso. Il meglio di sé lo diede però negli affreschi e in special modo in quelli del Palazzo Bindi-Sergardi tra cui spicca quello qui riprodotto. Morì ai primi di maggio del 1551.

A Siena, in quell'epoca, venne coniato lo scudo d'oro largo, che possiamo ammirare nella foto (tratta dal libro «Le monete della Repubblica Senese» di Strozzi/Toderi/Vannel).

Rarissima moneta coniata con 3 grammi e mezzo di oro a titolo elevato (916,6 millesimi) e raffigurante da un lato la Beata Vergine, nimbata e velata, a mani giunte sulle nubi e ai lati, in basso, due cherubini. Attorno la legenda SENA VETVS CIVITAS VIRGINI. Sull' altro lato campeggia una croce ornata e, sotto la data (1549). Attorno la scritta ALPHA ET ω PRINCIPIVM ET FINIS.

 

Ritratto di Jakob Meyer

Dipinto di Hans Holbein il Giovane, pittore e incisore di legno nato ad Augusta nel 1497 e morto a Londra nel 1543. Imparò l' arte dal padre Hans Holbein il Vecchio e all'età di soli 17 anni si trasferì a Basilea dove nel 1516 realizzò il ritratto del Borgomastro, Jakob Meyer, e quello della moglie. Nel 1517 era a Lucerna, ove affrescò la casa del Sindaco di Hertenstein e l'anno seguente varcò il Gottardo per approfondire la conoscenza del Rinascimento italiano. Conoscenza che mise sapientemente all' opera nei suoi successivi lavori, di squisito gusto lombardo. Si stabilì nuovamente a Basilea ove strinse rapporti negli ambienti culturali e politici allora al potere e fornì le illustrazioni ai celebri editori della città per i loro libri. Nel 1532 si trasferì in Inghilterra ove, grazie alle sue relazioni con commercianti tedeschi, divenne in pochi anni pittore aulico di Enrico VIII. È di quel periodo (1532-1533) la realizzazione dei dipinti «Ritratto del mercante Gisze» e «Ritratto del mercante Dirk Tybis» che possiamo ammirare. A Basilea, nel '500, circolava il gulden, rara moneta aurea raffigurante da un lato la Madonna col Bambino, entrambi nimbati, e dall'altro lato una semplice croce intersecante la legenda e caricata dello scudetto con l' emblema della città. Questa Moneta venne coniata, salvo alcune interruzioni, dal 1520 al 1539 ed è oggi molto ricercata dai collezionisti.

 

Ritratto di Galeazzo Sanvitale

Splendida tela del 1524, opera di Francesco Mazzola, detto il Parmigianino. Ritrae Galeazzo Sanvitale Conte di Fontanellato in posa fiera mentre esibisce una moneta. Il Mazzola nacque l' 11 gennaio 1503 a Parma e morì a Casalmaggiore il 24 agosto del 1540.

Poco o niente si sa sull'educazione di questo grande artista, sicuramente formatosi sul Correggio. Le sue prime opere sono databili attorno al 1521. Fu in seguito presentato al papa Clemente VII e per lui dipinse la Sacra Famiglia degli Uffizi. Durante il sacco di Roma del 1527 venne fatto prigioniero, per essere liberato in quello stesso anno. Mirabile ritrattista il Parmigianino fu grande, ancor più che nella pittura, nelle incisioni, che contribuirono a creare la moda artistica parmigianinesca in Italia.

Non siamo riusciti a risalire alla moneta, o medaglia, che il Conte esibisce e che ritrae con tutta probabilità Carlo V (1515-1556). Siamo rimasti però stupiti dalla somiglianza con il mezzo scudo di Filippo Il, coniato circa 50 anni dopo.

 

Giunone versa i suoi doni su Venezia

È uno dei soffitti del Palazzo Ducale di Venezia decorate da Paolo Veronese, al al secolo Paolo Caliari, nato a Verona nel 1528. La sua fu una carriera certamente fulminea se nel 1555 poté stabilirsi nella capitale veneta. Lo stesso anno realizzò la sua prima grande pittura veneziana: il soffitto della sagrestia di San Sebastiano a cui seguì, solo dopo varie riprese terminate nel 1570, quello della chiesa stessa. Nel 1571 vinse con i suoi dipinti il concorso per la Libreria di San Marco, che gli valse la collana d'oro e, si dice, l'abbraccio dello stesso Tiziano. Tra le sue più grandi opere spiccano due cene: le Nozze di Cana per i Domenicani ed oggi al Louvre e la Cena in casa dei Levi, ora all'Accademia di Venezia.

Quadro ben noto, quest'ultimo, anche perché gli procurò il processo dell'lnquisizione. La splendida città lagunare divenne definitivamente la sua dimora fino al 1588, anno della sua morte. Nell'opera che possiamo ammirare è ritratta Giunone, divinità romana, mentre versa sulla città delle monete. Una delle monete più emblematiche di quel periodo è certamente il ducato in argento.

Quello riprodotto è stato emesso tra il 1567 ed il 1570 a nome del Doge Pietro Loredan e rappresenta da una parte San Marco, seduto, mentre consegna il vessillo al Doge genuflesso dinanzi a lui e attorno la scritta PETRVS LAVREDAN DVX S M VENETVS. Al rovescio è riportato il leone alato, simbolo della città, con una zampa poggiata sul libro aperto e attorno la scritta DVCATVS VENETVS. All'esergo il valore 124 (soldi).

 

Il trionfo della morte

Opera di Pieter Bruegel il Vecchio realizzata verso il 1562-1563 ed ora al Museo del Prado. Poco si sa di questo artista, nato 1531 forse nel Brabante settentrionale o forse a Capine, nei dintorni di Brée. Caratteristica comune dei Bruegel, e facilmente riscontrabile in queste pagine, è la tetra tematica ricorrente nei vari dipinti e che valse a Jan. Pieter, figlio di Pieter, l'appellativo «degl'Inferni».

Nella seconda opera del Bruegel che illustriamo, dal titolo «Il pagamento delle decime», la data di realizzazione è certa poiché indicata: «Bruegel 1566».

In quegli anni circolava il reale d'oro, moneta del peso di oltre 5 grammi con al diritto I 'Imperatore (Carlo V) seduto con spada e globo crucigero e la legenda KAROL VS D G ROM IMP Z HISP REX. Al rovescio è raffigurata l'aquila imperiale a due teste, caricata dello stemma e attorno la legenda DA MlHI VIRTVTE CONTRA HOSTES TVO.

 

Vocazione di San Matteo

Opera della fine del XVI secolo realizzata dal famoso Michelangelo Merisi o Amerigi da Caravaggio, meglio noto, appunto, come Caravaggio. Nato il 28 settembre del 1573 in Caravaggio, presso Bergamo, fu in giovane età assunto come allievo del pittore Simone Petrazano a Milano. La storia del Caravaggio è certamente movimentata, dura, tragica e molto diversa da quella di altri grandi artisti. Dopo il soggiorno milanese venne quello romano, molto meno facile: i Principi gli sono contro ed è sfruttato da prelati di scarsa coscienza. Ammalato e caduto in miseria, il Caravaggio si deve in quel tempo adattare a dipingere fiori per il Cavalier d' Arpino. Solo nel 1592 riesce ad imporsi al popolo romano non senza suscitare molte invidie alle quali risponde in tutti i modi e giungendo persino acompiere un omicidio. Dal 1603 al 1605 dovette sostenere ben 4 processi ai quali scampò solo grazie all'intercessione di potenti personaggi. Si rifugiò quindi a Genova, poi nuovamente a Roma dopo aver ricevuto il perdono. Dopo l'omicidio, avvenuto nel 1606, è costretto nuovamente alla fuga: prima a Napoli e dopo a Malta, ove, grazie al ritratto di Alof di Wignacourt, ottiene onori. Il fato gli è ancora av verso: per aver offeso un cavaliere viene messo in carcere da dove fugge per recarsi prima a Siracusa, poi a Messina, quindi a Palermo e, ancora perseguitato, nuovamente a Napoli dove è raggiunto e ferito in volto. Ripara a Porto Ercole dove per errore viene messo in carcere per due giorni. Liberato, ma stanco e disperato, si abbandona sulla spiaggia del Tirreno ove muore per malaria. senza alcuna assistenza umana, il 18 luglio del 1610.

Una delle monete più rappresentative del '600 romano è certamente il testone. Con questo termine si chiamò, in virtù della grossa testa raffigurata, la lira da 20 soldi di Milano e venne poi utilizzato per gli esemplari in argento aventi lo stesso valore. In questo bell ' esemplare, riprodotto a pagina 57, di Clemente V III ( 1592-1605) il Pontefice è ritratto di profilo, con attorno la scritta CLEMENS VIII PON MAX.

Al rovescio troviamo San Pietro sulla barca e la scritta NON PREVALEB VNT. La zecca è quella di Roma, come indicato sotto la barca, in caratteri minuti.

 

Il baro

Fu dipinto da Georges de La Tour, pittore francese nato forse a Lunéville verso il 1590 e ivi morto il 30 gennaio del 1652. Maestro prima del 1621 , pittore ordinario del re prima del 1646, è noto per le scene notturne a luce artificiale. Come tutti i pittori della sua generazione dovette recarsi a Roma per frequentare gli studi dei caravaggeschi italiani ed olandesi; viaggio che effettuò tra il 1610 ed il 1620. Dal 1621 in poi sembra che il La Tour non lasciò più la città di Lunéville. che gli commissionò diverse opere.

La tradizione numismatica francese è ricca sia quantitativamente che qualitativamente. La moneta più rappresentativa del XVII secolo è certamente il luigi d’oro. Coniato per oltre un secolo , dal 1640 alla fine del ‘700, il luigi d'oro è un bella moneta di 24 millimetricicrca pesante 6,7 grammi di oro ed elevato titolo (916%). Per la sua produzione vennero utilizzate diverse zecche, ciascuna delle quali con la propria sigla. Salvo rare eccezioni, al dritto è sempre effigiato il sovrano e al rovescio ci sono delle L disposte a croce o due stemmi accantonati e coronati.

 

Piccola Fruttivendola

Dipinto di Bartolomè Esteban Maurillo, nato a Siviglia il 31 dicembre 1617 ed ivi morto il 3 aprile 1682. Si ritiene che verso il 1642-1644 il Murillo intraprese un viaggio di studio a Madrid per approfondire le sue conoscenze sulle opere di Tiziano, Van Dyck e Rubens, artisti esperti nella realizzazione del chiaroscuro a cui si ispirò, abbandonando la primitiva secchezza «sivigliana». Realizzò diverse opere, principalmente a carattere religioso, che gli valsero la convocazione da parte dello stesso re di Spagna, Carlo II.

Il Murillo declinò l'invito a trasferirsi a Madrid, preferendole Siviglia. Nel 1680, mentre lavorava nel convento dei cappuccini a Cadice, cadde dal ponte. Tornò, grave, nella sua città, Siviglia, ove lentamente si spense. Una delle monete spagnole più emblematiche de' XVII secolo è certamente il pezzo in oro da 8 escudo: del generoso peso di circa 26 27 grammi. Sono esemplari non certo belli, mancando elementi artistici di rilievo, ma questi «maltagliati» vantano un fascino indiscutibile legato alla storia della loro epoca.

Storia di conquiste, di colonizzazioni e, soprattutto, di epiche battaglie ingaggiate con temibili pirati. Sono questi famosi «dobloni d'oro che le navi spagnole trasportavano e che ancora oggi, al largo delle coste di Stati come il Perù, la Colombia e il Messico. giacciono tra I resti di velieri affondati.

Al diritto trova posto lo stemma coronato e, accanto, l'indicazione del valore VIII. Al rovescio si può trovare uno stemma inquartato entro cornice o una croce potente. Le scritte sono spesso compromesse, almeno buona parte, per via della pessima realizzazione.

 

Amedeo IX

Autore anonimo del XVII secolo. In questo dipinto vediamo Amedeo IX il Beato (1465-1472) mentre elargisce la carità ad un poverello. Il sovrano regge lo scettro e porta il collare dell' Annunziata, due particolari noti ai collezionisti del settore.

Il pittore ha voluto certamente sottolineare oltremisura le già note doti spirituali di Amedeo, riproducendo una moneta d'oro di dimensioni quantomeno generose.

Si tratta di un esemplare fantasia, dato che la moneta più grande di quell'epoca era lo scudo d'oro, che vantava un diametro inferiore ai 30 millimetri per soli 3 grammi e mezzo.