VENEZIA
Pasquale Cicogna Doge LXXXVIII, 1585-1595. Bolla in argento pieno.
Ar gr. 26,60 mm 33,5
Dr. S•M•VENET• (lungo l’asta) DVX - PASC•CICONIA•. San Marco, stante verso s., tiene con la mano d. il vessillo e con la s. il Vangelo aperto; a d., il doge, regge il vessillo con entrambe le mani. Rv. PASCALIS / *CICONIA* / *DEI•GRA* / *DVX* / VENETIAR / *ET* / *C*.
Legenda disposta su sette righe.
Pochi esemplari conosciuti. Patina di antica collezione. SPL
Le bolle in metallo prezioso meritano un’indagine a parte, sia perché al pregio della materia corrispose una particolare cura esecutiva, sia perché furono preparate con sistemi diversi dai sigilli plumbei. L’uso di bolle auree fu del tutto eccezionale e riservato ai documenti cui si annetteva speciale importanza, diretti a grandi personaggi, istituti o cancellerie statali, volendo essere anche il simbolo della potenza e del prestigio di chi le emetteva. Da antichi inventari si apprende che furono numerose, ma il valore intrinseco del metallo che le componeva fu causa della loro dispersione. Nei documenti infatti le formule di corroborazione menzionano espressamente la presenza di bolle auree o argentee ma, in molti casi, tali menzioni ne costituiscono l’unico ricordo. A tal proposito basti ricordare che durante il dogado di Michele Steno sono state rilasciate per certo ventinove bolle d’oro (e la lista non è completa). Fulvio Bonati Savorgnan d’Osopo, in una sua memoria del 1966, rende noto che la sua famiglia, per meriti verso la Serenissima, ne ha ricevute dieci dai seguenti dogi: Antonio Venier, Michele Steno, Leonardo Loredan, due di Antonio Priuli, quattro di Giovanni Corner ed una di Domenico Contarini; naturalmente non sono sopravvissuti né i documenti, né le bolle. La prima menzione di una bolla d’oro emessa dalla Cancelleria dogale appare in una carta aureo sigillo impressa del doge Pietro Ziani per Michele I Comneno, nell’anno 1212. Successivamente l’uso delle bolle d’oro si ampliò: conferimenti di feudi, privilegi di cittadinanza, concessioni di pensioni ai capitani benemeriti, privilegi a città e comunità nel tempo della loro dedizione a Venezia, ecc. Non sono a conoscenza di quando iniziò l’uso dell’argento per le bolle, la più antica che ho trovato (fotografata, appartenente alla collezione Messedaglia, oggi perduta), risale al dogado di Pietro Lando (1539 - 1545). Non escludo che, dopo un’attenta ricerca archivistica, se ne possano trovar menzionate altre più antiche; ad ogni modo ritengo che l’oro sia stato il primo metallo prezioso impiegato, poiché tale uso deriva dalla Cancelleria imperiale bizantina (basti pensare che già nel 992 Pietro II Orseolo aveva ottenuto una bolla d’oro dagli imperatori Basilio e Costantino). La prima bolla d’oro veneziana conosciuta risale al dogado di Pietro Gradenigo (1289 - 1311), esistente all’Archivio Nazionale di Parigi. Il Gamberini asseriva la presenza di una bolla d’oro di Enrico Dandolo al British Museum di Londra, purtroppo, dopo attente ricerche, questa affermazione è risultata priva di fondamento. Veniamo ora al metodo di produzione di queste bolle in metallo prezioso: mentre i sigilli plumbei venivano improntati con forte pressione fra due matrici (per mezzo di torchio o tenaglia), i sigilli d’oro e d’argento sono formati quasi sempre da due lamine, impresse con una speciale matrice. Eccezionalmente si trovano bolle massicce di metallo pieno, per lo più risalenti al secolo XVI. Le due lamine non vengono saldate, ma fermate l’una contro l’altra per mezzo dei margini ripiegati ad incastro sulla lamina circolare che costituisce il bordo della bolla. Lo spazio all’interno così creato non rimane vuoto, ma viene riempito da materiale inerte (un impasto a base di cera); quest’ultimo, essendo all’interno della bolla, è pure attraversato dalle cordicelle che passano per i due fori presenti nella lamina di metallo che costituisce il bordo dell’oggetto. Uscite dalla bolla, le funicelle (che nelle bolle d’oro e d’argento sono eleganti cordoncini di filo d’argento e fiocchi di seta rossa e d’oro) solitamente si uniscono formando una bella nappa, con la funzione di impedire alla bolla di scivolare via, separandosi dall’atto.